mercoledì 21 dicembre 2011

WAIFS AND STRAYS


I cani sciolti ti mordono sempre le caviglie, finché non li acchiappi o finché non dai loro da mangiare.



giovedì 15 dicembre 2011

DID I EVER TELL YOU HE TRULY IS A JOKER?



Se vuoi veramente che una cosa ti accada, non desiderarla.
Dio si diverte a farti i dispetti.





lunedì 31 ottobre 2011

TARWATER LIVE IN ROME @ CIRCOLO DEGLI ARTISTI

E' una serata tranquilla e il clima è mite, nel giardino del Circolo. Fine Ottobre sembra inizio Settembre e Roma non sembra quasi Roma: infatti gioca la Roma, nel senso del calcio. Avrei dovuto capirlo, dalla quasi totale assenza di esseri umani in giro per la città e dalla facilità con cui ho parcheggiato. Io che, memore degli orari impazziti e flessibili per l'inizio dei concerti, mi sono precipitata lì per le 21:30, scopro che i Tarwater cominceranno a suonare non prima delle 22:30. E non c'è nemmeno il gruppo spalla. Potenza di ventidue semianalfabeti che prendono a calci una palla. Vabbè, per fortuna che mi porto sempre da leggere (appunto per me: ricordati di telefonare, nel pomeriggio, per sapere l'ora PRECISA in cui inizieranno i concerti). Un'oretta passa presto e i signori Lippok e Jestram cominciano a suonare abbastanza puntuali. Inside the ships, edito per la tedesca Bureau-b, è la loro undicesima fatica discografica, a partire da quel piccolo capolavoro d'esordio che è stato 11/6 12/10, stampato dalla Kitty-Yo nel 1996. In mezzo ci sono state: colonne sonore per film e cortometraggi; musiche per opere teatrali, spettacoli di danza, installazioni d'arte e sfilate dell'alta moda (persino un'ardita rivisitazione della Tosca di Puccini); remix per i Goldfrapp, collaborazioni con i Tuxedomoon e con B. Fleischmann, oltreché, ovviamente, le release per le prestigiose Mute e Morr Music e l'inevitabile interazione con i To Rococo Rot, progetto parallelo di Ronald Lippok stesso. Quello che cerco di capire, immediatamente, coinvolgendo i miei amichetti musicisti presenti tra il pubblico, è che tipo di strumentazione usino i Tarwater per suonare dal vivo. Le uniche cose certe sono che Ronald Lippok canta (o meglio, recita in tono monocorde dei canto-parlati ipnotici e un po' gutturali) e che Bernd Jestram suona il basso. Per il resto, brancoliamo tutti nel buio. Ronald, oltre al microfono, potrebbe avere: a) una tastiera, un sequencer e un mixerino; b) una tastiera-sequencer e un mixerino; c) al posto del mixerino, l'attrezzo che si usa per gestire esternamente anche Ableton Live (cosa che escluderei visto che non aveva un computer); d) una connessione telepatica con la Divinità Germanica dell'Indie-tronica che gli manda in aero-diffusione estemporanea i campioni pre-registrati, i loop e gli effetti per la voce. Bernd, oltre al basso, potrebbe avere: a) una drum machine; b) un Kaoss Pad; c) una connessione telepatica con la Divinità Germanica dell'Indie-tronica che gli manda in aero-diffusione estemporanea i campioni pre-registrati, le ritmiche  e gli effetti per il basso. A ogni modo, qualsiasi cosa usino la usano molto bene, con la maturità e la naturale sicurezza dei signori navigati che sono ormai diventati, e la passione dei musicisti coerenti e fedeli a loro stessi che continuano ad essere. Suonano di filato dodici pezzi, i primi sei presi da Inside the ships, compresi le cover Sato Sato, rivisitazione di un brano dei D.A.F., e Do the Oz, B-side di un singolo realizzato da John Lennon e Yoko Ono nel 1971 per sostenere la causa della rivista alternativa Oz, in quegli anni sotto processo per "oscenità". Poi fanno delle incursioni negli altri album con la bellissima Ford, riesumata da Silur, Babylonian Tower, macchiata di venature blues e tratta da The needle was travelling, la folkeggiante All of the ants left Paris presa da Animals, suns & atoms, la dronica Recitative, bonus track dal penultimo album Spider smile, l'ubriaca Tesla da Dwellers on the treshold, per poi tornare a Inside the ships con la crepuscolare Palace at 5 a.m. Verso la fine di questa canzone Mister Lippok si assenta dal palco per qualche secondo, dopo aver sussurrato qualcosa nell'orecchio al suo compare - che sorride, malizioso, e continua a suonare da solo - per poi riemergere dal back-stage con una piccola bottiglia di whisky (o whiskey che dir si voglia) che offrirà anche al pubblico della prima fila. Poi, si assentano entrambi per qualche secondo e tornano per un unico, ultimo bis. L'impressione generale è che i Tarwater continuano a piacere e ad appassionare, anche se hanno perso, inevitabilmente, un po' del guizzo e dell'energia che li contraddistingueva, soprattutto nei primi due dischi, e anche se, dal vivo, rischiano di risultare un pochino freddi, alla lunga. Per esempio, se avessero aggiunto come elemento live Detlef Pegelow, che ha suonato su Inside the ships tuba, sassofono, tromba e trombone, il concerto sarebbe risultato sicuramente più interessante ed emozionante.

A fine concerto ho chiesto al tecnico di palco se potessi avere il foglio con la set-list della serata, appoggiato sul tavolino della strumentazione di Bernd ma la risposta è stata negativa perché la scaletta, minuziosamente scritta a pennarello nero e con gli accordi a margine dei titoli, viene evidentemente usata tutte le sere. Allora ho tentato di fotografarla, proprio nel momento in cui la memory card della mia macchinetta fotografica ha deciso di entrare in tilt, facendomi perdere anche tutte le altre foto del concerto. Un'altra tecnica di palco si è impietosita, ha preso il foglio ed è tornata dopo qualche secondo dicendomi di aspettare perché Bernd lo stava ricopiando.
Avete capito bene?
Il Signor Jestram in persona, a fine concerto, si mette a ricopiare, a mano, per una nerd rompicoglioni la scaletta delle canzoni, avendo persino l'accortezza di scrivere per intero i titoli che sulla sua, invece, erano abbreviati.
Queste lezioni di umiltà e umanità mi sorprendono sempre.
Grazie, Bernd.


giovedì 13 ottobre 2011

YOU DON'T KNOW WHO YOU'RE MESSING WITH



Non c'è mai un buon motivo per tirarsela, anche quando sei veramente "qualcuno".
Figuriamoci quando sei "nessuno".



martedì 4 ottobre 2011

SONDRE LERCHE LIVE IN ROME @ CIRCOLO DEGLI ARTISTI

Sono arrivata alle 21:45, cioè un quarto d'ora prima dell'orario dichiarato per l'inizio dei concerti, scoprendo, con disappunto, che il gruppo spalla, gli Young Dreams, avevano già cominciato da più di 20 minuti.
Il risultato, quindi, è stato quello di poter assistere soltanto a un paio di pezzi scarsi di questi giovani e promettenti norvegesi che sembrano essere una versione più fresca e originale dello stesso Sondre Lerche, con la differenza di presentarsi nella formazione di super-gruppo (sono in sette sul palco) a più voci, con elementi poli-strumentisti, come se fossero dei novelli Beach Boys remixati da Washed Out: davvero un peccato averli mancati.
Dopo il consueto cambio-palco, siamo pronti per l'headliner della serata.
Sondre Lerche (che d'ora in poi chiameremo SèndrO, con lievissima pronuncia inglese) si trova a celebrare, ormai, il decimo anno di carriera, portando in tour l'ultima fatica discografica dal titolo omonimo, edita per la Mona Records.
Tra il lontano e fulminante esordio del 2001, con Faces Down, e l'ultimo disco, ci sono stati ben altri quattro album e la collaborazione a un paio di colonne sonore nonché, sempre nel 2011, la partecipazione a una raccolta di cover delle canzoni più famose dei Muppets.
SèndrO è bravo, carino e simpatico, e ama Roma, anche se si lamenta del troppo caldo.
Dice che tutti esaltano Parigi ma, secondo lui, tra Parigi e Roma non c'è storia: molto meglio Roma.
Mi trovo d'accordo, anche se non posso fare a meno di domandarmi, a causa del cinismo che mi contraddistingue ultimamente, se non dica la stessa cosa, al contrario, quando è in tour in Francia.
Vengo, credo, smentita, quando racconta la storia di Coliseum Town, una delle canzoni dell'ultimo album: dice che l'ha scritta proprio qui, in onore della nostra città, quattro anni fa, nel giardino del Circolo degli Artisti, in seguito alla sua prima seria sbronza, e non mi risulta, peraltro, che abbia scritto canzoni ispirate da Parigi.
Poi, lui e il suo trio, un classico basso, tastiere e batteria, ci omaggiano anche con una canzone eseguita in pubblico per la prima volta: I cannot let you go.
Per il resto, non mancano altre canzoni dall'ultimo disco né tutti i pezzi più famosi, collezionati nel corso degli anni, come Sleep on the needles.
L'impressione generale è che, nel tempo, SèndrO rimanga fedele e coerente a se stesso.
E' quello che è sempre stato: il bambino prodigio cresciuto a pane e Prefab Sprout, il ragazzo d'oro della Norvegia con la voce da crooner e un poco di pop-rock anni '60 nelle corde della chitarra, il fratellino più piccolo di Ed Harcourt e Badly Drawn Boy, il cugino nord-europeo di quell'altro raffinato autore pop che è Jon Brion.
E di pop, infatti, si parla. Ben fatto, sofisticato, stucchevole pop, con melodie afferrabili anche se mai (troppo) scontate, molto ben eseguito da un ragazzo grintoso che potrebbe, tranquillamente, reggere la scena anche da solo.
E' bravo, bravissimo, perfetto: mai una stonatura, mai una sbavatura, mai un'incertezza.
E' un elfo impeccabile e non troppo alto che, dalla perfezione della sua (media) altezza, a malapena suda.
O suda profumato.
Una noia mortale.

Tra lo zoccolo duro e agguerrito dei fans, in mezzo al numeroso pubblico, ringrazio nell'ordine: la ragazza norvegese alta due metri e grossa come Liv Tyler incinta, che mi ha chiesto permesso e mi si è piazzata davanti, dopo essermi praticamente montata sopra (se le foto sono quello che sono, prendetevela con lei); la ragazza norvegese dietro di me che mi ha trapassato i reni con la borsa e conficcato i gomiti nel cranio, battendo SEMPRE lo stesso ritmo, anche quando non c'entrava una sega: l'hand-clapping di Rehab di Amy Winehouse (R.I.P.); la ragazza norvegese alla mia sinistra che mi ha urlato nell'orecchio TUTTI i testi di ogni sacrosanta canzone, oltre a incomprensibili parole del suo idioma astruso, con la voce acuta della più stridula delle Critine D'Avena.
Il ragazzo davanti a me, la cui maglietta viola dei Pavement si intonava perfettamente al nuovo colore dei miei capelli, che ha scatenato in me l'esigenza di ricordarmi la melodia di Cut your hair (provateci voi a ricordarvi una canzone dei Pavement con SèndrO che canta sotto) e che mi ha obbligato, per tutto il tempo, a pormi la seguente domanda: che cazzo ci fa uno con la maglietta dei Pavement al concerto di Sondre Lerche?


lunedì 3 ottobre 2011

PERFECT SKIN


Per sorridere sempre e avere una pelle perfetta, basta non avere una coscienza.



venerdì 29 luglio 2011

WHAT THE EYE DOESN'T SEE, THE HEART DOESN'T GRIEVE OVER


Facebook ci renderà tutti più consapevoli, più forti, più crudeli.



giovedì 28 luglio 2011

PAYBACK


Non si è ripagati quando non c'è vera onestà. O coraggio.
O entrambe le cose.



domenica 24 luglio 2011

LOVE IS A LOSING GAME

Non solo l'amore è un gioco in cui si perde.
Ma proprio la vita.
Questa vita che ti ha dato molto ma Amy non lo capisce.
Amy, Amy che canta, dolce Amy in cerca di Amy, Amy selvaggia.
Amy che tutto è troppo e niente è abbastanza.
Amy vetro di voce e cuore di strazio.
Amy arrogante, Amy distratta, Amy parole e una chitarra.
Amy volgare, Amy bambina, Amy bocca di latrina.
Amy che passa il segno, Amy senza ritegno.
Amy testa pesante, gambette fine e denti distanti.
Amy malanima, Amy incosciente, Amy pasta di suoni infranti.
Amy.
Nido di capelli, sale sulle ferite, punta di spilli.

Uno spreco immenso di talento come il tuo non si può perdonare.
Nemmeno con la morte.


venerdì 22 luglio 2011

PRIORITA'

- Dovresti smetterla di fumare - disse lei, con la sigaretta in mano.
- Dovresti smetterla di dare consigli giusti alle persone sbagliate. E ridammi la sigaretta - disse lui, infilando il vino bianco nel cestello del ghiaccio. Poi domandò: - Hai preso le chiavi? -
Lei si strinse nelle spalle, controllando le tasche e alzando gli occhi al soffitto, alla ricerca di un ricordo rivelatore.
- Sì, eccole qui! - Prese con maestria i calici di cristallo con una sola mano e aggiunse: - Andiamo? -
Lui afferrò il cestello del vino per il manico, le sfilò la sigaretta dalle dita e se la rimise in bocca.
Con la mano libera prese il vassoio con la frutta e disse: - Sì, andiamo -. 
Uscirono nella notte tiepida, tirandosi dietro la porta, e percorsero una rampa di scale per raggiungere l'ultimo piano del palazzo. Destinazione: stelle.
- E' stata gentile la nostra vicina a lasciarci le chiavi di casa - disse lui.
- Sono gentile anch'io ad annaffiarle le piante. Ma secondo te, ci saranno stelle cadenti a luglio? - chiese lei, aprendo il portoncino che dava direttamente sul terrazzo dell'attico.
Un profumo di limoni e gelsomino accarezzò loro le narici e un leggero sollievo di brezza passò di sguincio sulle loro braccia nude.
- Non lo so ma che ti importa? Ci prendiamo un po' di fresco e poi torniamo giù - rispose lui.
Poi posò il vassoio pieno di frutta colorata e il cestello del ghiaccio sul tavolino di fronte al dondolo, e si adagiò direttamente sulla struttura della seduta di questo, facendo una faccia buffa: - Comodo! - ridacchiò.
- Aspetta! - disse lei, armeggiando nel punto della veranda dove la vicina le aveva mostrato che si riponevano i cuscini del dondolo. - Anche se dovremmo metterci per terra, altrimenti che pic-nic di mezzanotte è? -.
- Veramente sono solo le undici - appuntò lui e si accese un'altra sigaretta con il mozzicone di quella precedente.
Lei tornò con i cuscini, glieli porse e incrociò le gambe sedendosi per terra, con uno sguardo un po' imbronciato. - Dovresti proprio smetterla di fumare - disse.
Lui non rispose, sistemò i cuscini, poi prese il tubo e cominciò ad innaffiare i vasi grandi che contornavano l'ampio terrazzo, aspirando lunghe boccate dalla sua Chesterfield.
Lei si sporse verso il tavolino e mangiò prima un'albicocca e poi due ciliegie. - Almeno diminuire! - aggiunse.
Lui continuò a non rispondere. A metà giro lasciò il tubo dell'acqua nel vaso delle bouganville e si avvicinò per spegnere la sigaretta nel posacenere sopra il tavolino.
Lei gli sorrise e lui le carezzò la testa, scivolando verso la mascella e sollevandole il mento, come se fosse un cane molto bello e un po' indocile.
Lei, di fatto, finse di scodinzolare, dondolandosi sulle chiappe appoggiate sul pavimento, ancora appena tiepido di sole accumulato. Poi, gli afferrò entrambe le braccia per i polsi e, allargando le gambe, lo attirò a sé, obbligandolo a sdraiarsi su di lei e sdraiandosi a sua volta.
- Puzzi di fumo, che schifo! - disse, ridacchiando e strizzandogli le natiche.
Lui, come al solito, non rispose e cominciò a baciarla. Dapprima un bacio lento e delicato, sapendo che l'avrebbe eccitata, poi più profondo e passionale. Staccò le labbra dalle sue e continuò a baciarle il collo e la pelle scoperta del petto. Le mordicchiò i capezzoli da sopra al tessuto, poi scese verso la pancia, infilò la testa sotto la sua gonna, strofinò il naso in quel profumo di muschio ambrato, le scostò le mutandine e cominciò a leccarla.
Lei spezzò il respiro e finalmente mugolò. Si lasciò andare a quel dolce oblio umido, annusando l'aria di fiori freschi e passandosi la lingua sulle labbra. Poi alzò la testa, sollevò la gonna fin sopra la pancia, gli appoggiò una mano sopra la spalla e aspettò che i loro occhi si incontrassero.
Si guardarono mentre lui continuava a leccarla. Si guardarono mentre lei continuava ad ansimare. Punto di non ritorno e necessità.
Lei si sfilò le mutandine e si girò carponi, lui si mise in ginocchio, si abbassò i pantaloni e la prese da dietro, lentamente, come piaceva a lei.
Poi la afferrò stretta per la parte bassa dei fianchi e cominciò ad affondare più forte. Lei inarcò la schiena per ricevere meglio i suoi colpi e i loro gemiti si mescolarono alle strida spettrali dei gabbiani di passaggio e al rumore di stoviglie proveniente da una finestra lì intorno.
Lei udì distintamente una voce di donna, insieme allo sciabordio di acqua e piatti.
- Quando hai finito, asciuga bene il lavandino, eh! - gridò la voce di quella donna, da una stanza prossima allo sciabordio, e non ottenne risposta.
Lei continuò a mugolare e, in quel momento, percepì tutta l'assurdità di quell'urgenza.
Promise a se stessa che non avrebbe assillato m-a-i- p-i-ù- suo marito con delle richieste così stupide.
Mai più.
Al diavolo il lavandino, al diavolo il desiderio di una casa perfetta. Al diavolo l'ordine, la pulizia, i calzini, le lavatrici e le macchie di unto sul divano nuovo. Che si fottessero tutti gli acciai inox e gli straccetti di microfibra del mondo.
Girò il volto verso la sua spalla sinistra, la voce spezzata tra un rantolo e una spinta, e gli disse:
- Sbattimi, sbattimi forte. Scopami - e inarcò la schiena ancora un poco.
Lui, invece, pensò che aveva lasciato aperto il tubo dell'acqua. E che, sì, avrebbe proprio dovuto smettere di fumare. O, almeno, diminuire.
E venne.


lunedì 20 giugno 2011

YOU CAN'T GET BLOOD OUT OF A STONE


- Quante volte te l'ho già detto? Non si cava il sangue dalle rape: la devi smettere di sperare nei miracoli!
- ...
- ...
- Hai rotto il cazzo, Suorangela.



giovedì 2 giugno 2011

YOU SAY ONE DAY, I SAY TODAY


Consiglio di Suorangela della giornata:
se pensate di dover fare una cosa, fatela subito.
Domani potrebbe essere tardi.



martedì 17 maggio 2011

PROS AND CONS


La libertà si paga con la solitudine.
La solitudine si ripaga con la libertà.



giovedì 28 aprile 2011

... E, INVECE, GRAZIE

www.explodingdog.com
Grazie.
A te, innanzitutto.
Amico instancabile, voce presente, conforto affettuoso.
Fratello premuroso, fondamentale confronto, osservatore arguto, generoso abbraccio e coscienza discreta.
Senza di te non ce l'avrei fatta e non ce la farò, quindi, vedi di rimanere nei paraggi.
Grazie ai pomeriggi di sole nuovo, all'asfalto quando sa di pioggia, all'erba appena tagliata che profuma di vita che vola via.
Grazie a quel glicine sfacciato che fiorisce davanti alla mia finestra, alle persone che danno fiducia, a quelle che non hanno paura di affermare se stesse nel rispetto degli altri.
Grazie per ogni speranza che si rinnova, per ogni brivido imprevisto, per ogni pelle inattesa, per ogni anima saggia.
Grazie a quei soffioni stupidi che invece di guadagnare i prati si infilano nella mia macchina, al pelo morbido degli animali quando ti regalano il loro calore, all'anelito che ci spinge ogni giorno a essere migliori.
Grazie alle persone che irrompono all'improvviso nella tua vita e con l'immediatezza del distacco sanno focalizzare la tua attenzione su verità evidenti, fino ad allora rimaste incomprensibilmente nell'ombra.
Grazie alla sincronicità, alla magia dell'esistenza, alla spiritualità anarchica, al senso del sacro e a quello del profano.
Grazie allo zoccolo raro ma duro dei difensori della giustizia, dell'onestà e del buon senso.
Grazie, in genere, alle parole, scritte e parlate. Sussurrate a voce bassa o urlate, pronunciate con l'oscenità della passione, con la dolcezza della poesia, con la poca lungimiranza dell'illusione, con l'integrità incerta delle buone intenzioni, con la violenza utopica dell'amore, con la forza dissacratoria della rivoluzione.
Grazie alla musica, sempre, comunque e ovunque. Beh, non proprio sempre e comunque ...
Grazie a me perché ho smesso di fumare; grazie a me perché ho ripreso a fumare.
Grazie alla vita perché, quando pensi di compiacerti nella noia dell'onni-comprensione, picchia sberle pesanti e ti oltraggia con l'umiliazione dell'inaspettato.
Grazie alla benedizione del mio istinto e che dio mi maledica quando non lo seguo.
Grazie al vento nei capelli, ai fianchi sontuosi dei cavalli, al puzzo del loro manto ispido cui mi aggrappo quando galoppo a perdifiato.
Grazie all'arte, alla bellezza, al genio della creatività, al prodigio del talento.
Grazie agli amici, compagni di vita, specchi di verità, psicologi dell'impossibile, cacciatori dell'anima, consolazione dell'inaccettabile, risorsa di apprendimento.
Grazie, grazie e grazie.
Grazie alla capacità di saper dire ancora grazie.


lunedì 4 aprile 2011

IS THIS THE WORST YOU CAN DO?


Dice Suorangela: non ti lamentare prima di essere sicura che il peggio sia veramente arrivato.



giovedì 24 marzo 2011

MA VAFFANCULO ...

Vaffanculo.
A quelli che ti incontrano tutte le mattine per dieci anni e fanno finta di non vederti e non rispondono al tuo saluto, o rispondono a mezza bocca e, comunque, sempre dopo aver fatto finta di non vederti.
Vaffanculo a quelli che non sanno stare da soli e a quelli che non sanno stare in compagnia.
Vaffanculo ai cattolici, ai bigotti, agli ipocriti e ai benpensanti.
Vaffanculo agli arroganti travestiti da interessanti che meno sono interessanti e più sono arroganti.
Vaffanculo a quelli che dicono ti amo solo perché hanno paura di perdersi qualche bella scopata.
Vaffanculo agli inetti, ai pigri, ai procrastinatori.
Vaffanculo ai salutisti e vaffanculo ai viziosi.
Vaffanculo a quelli che ti sorpassano a destra, ti tagliano la strada e poi ti mandano affanculo.
Vaffanculo ai prepotenti, ai paraculi, agli opportunisti.
Vaffanculo a quelli che vengono ai concerti per chiacchierare e a quelli che se la raccontano.
Vaffanculo a quelli Forza Roma-Forza Lazio-Viva il Culo-Viva il Cazzo.
Vaffanculo ai tassisti e a quelli con le Golf, le Mini e le Smart.
Vaffanculo a quelli che hanno tempo da perdere e non da impiegare, parole da sprecare e non da dedicare, amore da buttare e non da coltivare.
Vaffanculo ai superficiali, agli arraffazzonati e ai distratti.
Vaffanculo ai maleducati, agli ignoranti, agli egoisti.
Vaffanculo a quelli che ti rubano le idee senza nemmeno citarti.
Vaffanculo a quelli che hanno culo e si lamentano di quanto sono sfortunati.
Vaffanculo a quelli che si lamentano di quanto sono fortunati.
Vaffanculo ai nostri politici, ai truffatori e ai disonesti.
Vaffanculo a quelli che sono avidi, senza scrupoli e vivono come se non ci fosse un domani o intere altre razze e speci viventi cui render conto.
Vaffanculo ai violenti, ai gretti e agli approfittatori.
Vaffanculo a quelli che scrivono il da senza accento quando serve l'accento e il po' con l'accento mentre non serve l'accento.
Vaffanculo a quelli che non hanno rispetto.
Vaffanculo a quelli che ti addossano le tue presunte colpe quando non sanno assumersi nemmeno le loro conclamate responsabilità.
Vaffanculo ai vigliacchi e a quelli che non percepiscono il valore ineluttabile delle conseguenze. 
Vaffanculo a quelli che si censurano le parolacce con le stelline e i pensieri con i pensieri già pensati da altri.
Vaffanculo, vaffanculo e vaffanculo.
E vaffanculo pure ai vaffanculo.

venerdì 11 marzo 2011

JOY ANGELINI

Ho saputo soltanto ieri.
Ho contattato Riccardo Bertini per una data da spostare, in un locale di cui gestisce la direzione artistica.
Ignara di tutto e innocentemente inopportuna, come mio solito.
Gli ho chiesto "Per il resto tutto bene?".
E lui mi ha detto che no, che non andava bene proprio per un cazzo.
Perché il bassista del suo gruppo è andato via.
Perché il suo amico, collaboratore e fratello, Joy, l'attimo prima era a bere un thè con lui e gli altri, e l'attimo dopo è capitato che si è andato a schiantare con il suo scooter, da qualche parte sull'Ardeatina.
Perché quello con cui ha suonato dal vivo l'ultima volta il 26 febbraio e con cui avrebbe suonato ancora il 19 marzo, semplicemente, c'era e ora non c'è più.
Ed è da ieri che non riesco a smettere di pensarci.
Nonostante io, Joy, in vita mia, l'abbia incontrato al massimo tre volte e non posso certo dire che è un amico stretto di cui sentirò una mancanza inenarrabile.
Penso al dolore degli altri. A quello dei suoi cari.
A quello di Riccardo, Fabio, Roberto e Luca, suoi compagni nell'avventura artistica dei Mammooth.
Penso che ho paura e che la vita è un soffio.
Che ogni momento è prezioso come la gemma più introvabile, e ogni attimo irripetibile, come il sentimento più intimo e delicato.
Penso che non dovremmo mai dare nessun gesto per scontato né lesinarci in ogni stupida, banale, ovvia azione quotidiana.
Non negli abbracci, non nelle parole, non nell'attenzione.
Non nei sorrisi o nella capacità di provare gioia o nella possibilità di essere onesti.
E che non dovremmo sprecare mai nemmeno un istante.
MAI.
NEMMENO UN ISTANTE.

giovedì 3 marzo 2011

CONSUMATRICE INTELLIGENTE


- Ciao, sono Titina De Titinis, di tale Piattaforma Pubblicitaria, e volevo proporti un post a pagamento sui nuovi prodotti Palmolive.
Che ne dici, sei dei nostri?
- Oddio, Titina, non saprei, non sono nota per la mia diplomazia ...
- Dàì, ti mandiamo un kit di prova e, poi, se vuoi aderisci alla campagna di marketing.
- Beh, Titina, sai che c'è? Che ho giusto finito il bagnoschiuma e, di questi tempi, un po' di soldi in più fanno proprio, proprio comodo.
- Ok, allora procedo con la spedizione, a presto!
- A presto.
E presto è arrivato anche il kit.
Sono già contrariata. Di mio, in questi giorni. E col Sig.re Palmolive, al momento.
Per "kit" immaginavo una varietà di prodotti diversi, che so io, dalle saponette al sapone intimo, piuttosto che dallo shampoo alla crema per il corpo.
Invece mi ritrovo davanti a sei flaconi colorati, tutti con diverse profumazioni e di due linee diverse ma della stessa tipologia: bagnoschiuma.
Ora sarò costretta a farmi sei docce o a lavarmi come se facessi la differenziata. Tipo, che ne so, la bottiglia arancione per la faccia, le orecchie e il collo, quella azzurra per le ascelle e le tette, quella verde acqua per la pancia e la schiena, quella rossa per le parti intime, quella viola per le gambe e le braccia e quella verde acido per i piedi.
Oppure, potrei farmi due docce al giorno per tre giorni e poi scrivere il post.
No, non farei in tempo: la mia dead-line scade entro 72 ore, quindi opterò per il lavaggio differenziato.
Essendo nota per il mio perfezionismo e la mia meticolosità, mi preparo un post-it con le indicazioni di massima e lo appiccico alle paretine di cristallo. Poi trasbordo all'interno della doccia le sei bottiglie colorate, dalla forma futuristica e lievemente fallica, e do il via all'esperimento.
Dunque, si comincia con l'arancio, abbiamo detto. Faccia, orecchie e collo. La scelta mi sembra azzeccata. Il bagnoschiuma è nutriente e quindi ideale per zone così delicate. Pur appartenendo alla linea Aroma Therapy, deve essere stato studiato apposta per privilegiare le caratteristiche emollienti, grazie alla presenza dell'olio di mandorle. E, comunque, ha una piacevolissima profumazione di vaniglia, di quelle delicate e non stucchevoli.
Ok, procediamo con la zona numero due: ascelle e tette. La scelta della bottiglia azzurra si rivela un po' ardita. Appartiene alla linea Thermal e, nello specifico, è stata studiata per compiere un leggero massaggio di scrubbing, contenendo sale del Mar Morto ed estratto di aloe vera. La prossima volta la utilizzerò più su zone come i glutei e i piedi, contro la cellulite e i duroni, mi dico, mentre mi faccio il solletico sotto le ascelle ed evito accuratamente i capezzoli.
Il flacone verde acqua contiene estratto di alghe e minerali termali e ha una profumazione dolce e rilassante. La mia pancia e la mia schiena ringraziano.
Istintivamente ho scelto la bottiglia rossa per le parti intime, che infatti si chiama Sensual e accende i tuoi sensi, come recita la presentazione del prodotto. Contiene olio essenziale di rosa del Marocco (che non so assolutamente cosa sia!), anche se il suo profumo mi ricorda più qualcosa di lievemente aspro ed agrumato, ed estratto di Ginseng, un noto eccitante. Usatelo soltanto se avete molto tempo per rimanere sotto la doccia, possibilmente in compagnia.
Passiamo ora al flacone viola, una mistura rilassante di olio essenziale di ylang ylang ed estratto di iris, ottimo per riposare le gambe e le braccia. Ancora una volta apprezzo la delicatezza della profumazione non stucchevole o troppo penetrante: spesso, quando altri marchi usano l'estratto di iris per i prodotti, rischiano di attentare alla tua vita soffocandoti.
Bene. Son rimasti solo i piedi. E l'ultima bottiglia, quella verde acido. Anche questa, come le ultime due appartiene alla linea Aroma Therapy che cura in modo particolare gli effetti e l'azione dei profumi sul cervello e sul sistema linfatico. Nello specifico, questo preparato sembra un corroborante concentrato di vitamina C, grazie all'olio essenziale di mandarino e all'estratto di limoncella. La botta finale di energia che ci voleva!
Nel complesso, ho il naso un po' inebriato e rischio di stordire qualcuno al mio passaggio, ma questa storia del lavaggio differenziato mi sembra interessante e la ripeterò.
Ora, spero solo che mi paghino in soldi veri e non in bagnoschiuma. Abito in un monolocale e già trovare posto per sei flaconi costituisce impresa piuttosto ardua.


Articolo sponsorizzato

mercoledì 9 febbraio 2011

A CAT IS A CAT IS A CAT IS A CAT ...


Non dire gatto nemmeno se ce l'hai nel sacco.



lunedì 17 gennaio 2011

CALHOUN - HEAVY SUGAR

Tim Locke e Jordan Roberts rappresentano l'anima dei Calhoun, band di Fort Worth (Texas) e attiva ormai dal 2004 con vari cambi di formazione, etichette e ingegneri sonori.
Heavy Sugar è la loro quarta prova (autoprodotta e realizzata insieme a James Barber, già curatore del suono per Ryan Adams e le Hole), in cui il duo si fa affiancare da Toby Pipes (keys, vocals), Nolan Thies (bass) e Taylor Young (drums).
A detta degli stessi Calhoun questo album ha tre grandi ispiratori: i Fleetwood Mac, i Grandaddy e gli Smiths, con una spruzzata di Nada Surf.
Sempre a detta di Locke e Roberts, la band non ha alcuna paura di definirsi pop né ha più l'età per rifugiarsi in un indie-rock alternativo, volutamente inciso male, senza linee melodiche e con immensi lunghi ritornelli suonati solo una volta in ogni canzone, anche se, a giudicare da quello che ho ascoltato degli album precedenti, la loro impronta stilistica mi sembra, più che un passaggio dall'indipendente al popolare, soltanto una riconferma di quest'ultimo.
Oltretutto, anche definirlo soltanto pop non sarebbe corretto: c'è senz'altro una matrice di alternative-country, un'ombra leggera di blues e l'attitudine tipica del song-writing appena appena macchiato di rock.
Ma questo, forse, accade inevitabilmente un po' a quasi tutti i musicisti americani.   
Comunque, se avete voglia di ascoltare una cosa molto pop ma non proprio mainstream, con suoni molto curati ma non proprio patinati, con delle belle forme-canzone ma non dei motivetti stupidi e assillanti, se avete voglia di cominciare una domenica mattina in modo assolutamente leggero e spensierato o di mettere un disco in sottofondo mentre chiacchierate allegramente insieme agli amici del vostro ultimo viaggio, questo fa senz'altro al caso vostro. 
Oppure, se avete voglia di un pop più maturo, peculiare e raffinato, potreste spostarvi poco più di mille miglia a est, nella Carolina del Sud e ascoltarvi un bel disco dei Pernice Brothers.



sabato 15 gennaio 2011

COME AI VECCHI TEMPI

Sopraffazione. Senso di smarrimento. Incapacità di scelta. Impossibilità di approfondimento. Sensazione d'inadeguatezza.
Cerco un lume che mi possa orientare nelle mille specificazioni dell'esistenza, un faro che mi indichi il cammino più adatto in questa civiltà complessa e raffinata, specialistica in tutti i settori, iper-produttiva e  sovrabbondante di persone, cose, fatti, esperienze, eventi, prospettive, retrospettive, analisi ed esibizioni.
Voglio un'endovena di fosforo e olio di fegato di merluzzo, un'intramuscolare di memorina e polvere di fata, un'overdose di pappa reale e ricostituenti, un segreto magico che mi permetta di ricordare tutti i nomi e le date.
I nomi dei gruppi, i nomi dei musicisti, i nomi dei progetti e dei progetti paralleli, i nomi delle case discografiche e delle etichette, i nomi dei produttori e degli ingegneri del suono, i titoli dei dischi e i titoli dei pezzi, le classificazioni dei generi musicali e le loro mille derivazioni, i testi delle canzoni, i giri degli accordi, l'intonazione delle scale.
I nomi dei compositori classici, delle sinfonie, dei direttori d'orchestra, dei solisti più famosi, delle opere liriche e dei suoi grandi interpreti.
I nomi dei posti, dei locali, delle strade, delle città nel mondo, del mondo nelle costellazioni dell'universo,
degli ipotetici universi paralleli nell'universo e della vita oltre la vita.
I nomi degli scrittori e dei loro romanzi, i nomi dei filosofi e dei loro saggi, i nomi dei pittori e dei loro quadri, i nomi degli scultori e delle loro opere d'arte, i nomi dei disegnatori e dei loro fumetti, i nomi dei poeti e delle loro poesie.
I nomi dei critici che criticano tutte queste cose.
I nomi dei venti, i nomi delle parti delle barche, i nomi dei fiori, delle piante, degli animali, dei pesci e dei tubetti dei colori a olio.
I nomi scientifici e i nomi domestici.
I nomi dei fiumi, dei laghi, delle montagne, delle marche di vestiti, scarpe e cose.
I nomi degli attori, dei registi, degli sceneggiatori, dei direttori della fotografia, degli scenografi e dei titoli dei film e delle serie tv, in italiano e in lingua originale.
I nomi delle opere teatrali e dei loro personaggi; i nomi dei ballerini, dei coreografi e delle compagnie di danza.
I nomi dei politici e dei loro partiti, dei dittatori e delle loro vittime, dei capi di stato e degli Stati, degli uomini d'affari e delle loro multinazionali.
I nomi degli architetti, dei giornalisti, dei fotografi, degli scienziati, dei ricercatori.
Già che ci siamo, i nomi di qualche calciatore, allenatore, atleta, tennista, cestista, stella della ginnastica e del pattinaggio artistico o personaggio dello spettacolo.
I nomi delle correnti artistiche, filosofiche, letterarie, sociologiche, antropologiche e umanistiche.
I nomi delle epoche storiche, delle ere geologiche, della classificazione dei dinosauri e dei loro scopritori.
I nomi delle parti del corpo, dei muscoli, delle ossa; i nomi degli elementi, delle pietre, dei minerali; i nomi degli imperatori di Roma, dei re di Francia, dei generali di tutte le guerre e delle guerre stesse.
I nomi delle malattie, delle medicine, delle terapie, delle operazioni e delle terapie alternative.
I nomi con cui ho chiamato e con cui sono stata chiamata.
I nomi dei concetti, delle sensazioni, dei sentimenti.
Ascoltare tutto, leggere tutto, guardare tutto. Conoscere tutto. Ricordare tutto.
Comprendere il significato di ogni nome, non guasterebbe.
E poi vorrei un caffè.
Non al vetro, non ristretto, non lungo, non macchiato caldo, non macchiato freddo, non schiumato, non con la crema di zucchero e caffè, non marocchino, non americano, non al ginseng, non con la polvere di cacao, non con la panna, non con il cioccolatino, non shakerato, non freddo, non aromatizzato e non corretto.
Vorrei solo un cazzo di caffè.
Come ai vecchi tempi.

venerdì 7 gennaio 2011

CARRYING THE CAN


Usando il collo come leva, prima o poi, ce se lo si spezza.