venerdì 22 luglio 2011

PRIORITA'

- Dovresti smetterla di fumare - disse lei, con la sigaretta in mano.
- Dovresti smetterla di dare consigli giusti alle persone sbagliate. E ridammi la sigaretta - disse lui, infilando il vino bianco nel cestello del ghiaccio. Poi domandò: - Hai preso le chiavi? -
Lei si strinse nelle spalle, controllando le tasche e alzando gli occhi al soffitto, alla ricerca di un ricordo rivelatore.
- Sì, eccole qui! - Prese con maestria i calici di cristallo con una sola mano e aggiunse: - Andiamo? -
Lui afferrò il cestello del vino per il manico, le sfilò la sigaretta dalle dita e se la rimise in bocca.
Con la mano libera prese il vassoio con la frutta e disse: - Sì, andiamo -. 
Uscirono nella notte tiepida, tirandosi dietro la porta, e percorsero una rampa di scale per raggiungere l'ultimo piano del palazzo. Destinazione: stelle.
- E' stata gentile la nostra vicina a lasciarci le chiavi di casa - disse lui.
- Sono gentile anch'io ad annaffiarle le piante. Ma secondo te, ci saranno stelle cadenti a luglio? - chiese lei, aprendo il portoncino che dava direttamente sul terrazzo dell'attico.
Un profumo di limoni e gelsomino accarezzò loro le narici e un leggero sollievo di brezza passò di sguincio sulle loro braccia nude.
- Non lo so ma che ti importa? Ci prendiamo un po' di fresco e poi torniamo giù - rispose lui.
Poi posò il vassoio pieno di frutta colorata e il cestello del ghiaccio sul tavolino di fronte al dondolo, e si adagiò direttamente sulla struttura della seduta di questo, facendo una faccia buffa: - Comodo! - ridacchiò.
- Aspetta! - disse lei, armeggiando nel punto della veranda dove la vicina le aveva mostrato che si riponevano i cuscini del dondolo. - Anche se dovremmo metterci per terra, altrimenti che pic-nic di mezzanotte è? -.
- Veramente sono solo le undici - appuntò lui e si accese un'altra sigaretta con il mozzicone di quella precedente.
Lei tornò con i cuscini, glieli porse e incrociò le gambe sedendosi per terra, con uno sguardo un po' imbronciato. - Dovresti proprio smetterla di fumare - disse.
Lui non rispose, sistemò i cuscini, poi prese il tubo e cominciò ad innaffiare i vasi grandi che contornavano l'ampio terrazzo, aspirando lunghe boccate dalla sua Chesterfield.
Lei si sporse verso il tavolino e mangiò prima un'albicocca e poi due ciliegie. - Almeno diminuire! - aggiunse.
Lui continuò a non rispondere. A metà giro lasciò il tubo dell'acqua nel vaso delle bouganville e si avvicinò per spegnere la sigaretta nel posacenere sopra il tavolino.
Lei gli sorrise e lui le carezzò la testa, scivolando verso la mascella e sollevandole il mento, come se fosse un cane molto bello e un po' indocile.
Lei, di fatto, finse di scodinzolare, dondolandosi sulle chiappe appoggiate sul pavimento, ancora appena tiepido di sole accumulato. Poi, gli afferrò entrambe le braccia per i polsi e, allargando le gambe, lo attirò a sé, obbligandolo a sdraiarsi su di lei e sdraiandosi a sua volta.
- Puzzi di fumo, che schifo! - disse, ridacchiando e strizzandogli le natiche.
Lui, come al solito, non rispose e cominciò a baciarla. Dapprima un bacio lento e delicato, sapendo che l'avrebbe eccitata, poi più profondo e passionale. Staccò le labbra dalle sue e continuò a baciarle il collo e la pelle scoperta del petto. Le mordicchiò i capezzoli da sopra al tessuto, poi scese verso la pancia, infilò la testa sotto la sua gonna, strofinò il naso in quel profumo di muschio ambrato, le scostò le mutandine e cominciò a leccarla.
Lei spezzò il respiro e finalmente mugolò. Si lasciò andare a quel dolce oblio umido, annusando l'aria di fiori freschi e passandosi la lingua sulle labbra. Poi alzò la testa, sollevò la gonna fin sopra la pancia, gli appoggiò una mano sopra la spalla e aspettò che i loro occhi si incontrassero.
Si guardarono mentre lui continuava a leccarla. Si guardarono mentre lei continuava ad ansimare. Punto di non ritorno e necessità.
Lei si sfilò le mutandine e si girò carponi, lui si mise in ginocchio, si abbassò i pantaloni e la prese da dietro, lentamente, come piaceva a lei.
Poi la afferrò stretta per la parte bassa dei fianchi e cominciò ad affondare più forte. Lei inarcò la schiena per ricevere meglio i suoi colpi e i loro gemiti si mescolarono alle strida spettrali dei gabbiani di passaggio e al rumore di stoviglie proveniente da una finestra lì intorno.
Lei udì distintamente una voce di donna, insieme allo sciabordio di acqua e piatti.
- Quando hai finito, asciuga bene il lavandino, eh! - gridò la voce di quella donna, da una stanza prossima allo sciabordio, e non ottenne risposta.
Lei continuò a mugolare e, in quel momento, percepì tutta l'assurdità di quell'urgenza.
Promise a se stessa che non avrebbe assillato m-a-i- p-i-ù- suo marito con delle richieste così stupide.
Mai più.
Al diavolo il lavandino, al diavolo il desiderio di una casa perfetta. Al diavolo l'ordine, la pulizia, i calzini, le lavatrici e le macchie di unto sul divano nuovo. Che si fottessero tutti gli acciai inox e gli straccetti di microfibra del mondo.
Girò il volto verso la sua spalla sinistra, la voce spezzata tra un rantolo e una spinta, e gli disse:
- Sbattimi, sbattimi forte. Scopami - e inarcò la schiena ancora un poco.
Lui, invece, pensò che aveva lasciato aperto il tubo dell'acqua. E che, sì, avrebbe proprio dovuto smettere di fumare. O, almeno, diminuire.
E venne.


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