martedì 5 gennaio 2010

COSCIENZA MANNARA



I peli sulla faccia le si cominciarono ad allungare.
Erano duri, ispidi e si moltiplicavano a vista d'occhio. Con le unghie spesse e uncine della mano sinistra ne saggiava la consistenza e la quantità, mentre con la mano destra affondava nel materasso, sostenendo il peso della posizione carponi.
Con orrore si rese conto della metamorfosi che stavano subendo anche le sue dita.
Le lenzuola cominciarono a lacerarsi.
Sbarrò gli occhi verdi nel buio, pietrificati dal panico. Il gatto passò e ne colse il balenìo luccicante, di un giallo vitreo e marcio. Arruffò il pelo, soffiò e corse via, preso da un terrore cieco.
Intanto lui continuava a incularla da dietro, afferrandola saldamente per i fianchi, ignaro.
I peli cominciarono a crescerle anche sul collo e sulle spalle cosicché, quando lui andò a cercarle i capelli con una mano, ne venne fugacemente a contatto e un brivido inconsapevole gli corse lungo la schiena.
Lo scambiò per eccitazione rinnovando il vigore dei colpi con cui la sferzava e l'oscenità delle parole con cui l'apostrofava. Lei cercò la mano di lui tra i suoi capelli, affondò le unghie di lupa fino a farlo sanguinare, poi gli prese il polso sottile e lo spezzò.
Lui diede l'ultimo atroce affondo, come il riflesso incondizionato del maschio della mantide che continua compulsivamente il suo disperato amplesso, anche dopo che la femmina gli ha divorato la testa a morsi. Poi si divincolò e si ritrasse urlando.
Cominciarono ad ululare entrambi: lui di dolore, lei di consapevolezza.
Si scrutarono per un istante, nel lieve chiarore dei raggi lunari che penetravano dalla cornice nera oltre la finestra. Lui la guardò con incredulità e sgomento, contorcendosi sul braccio dolorante. Era così magro e pallido al punto da sembrare uno spettro, tanto che, incontrandoli nella notte, ci si sarebbe spaventati ugualmente di entrambi.
Lei lo guardò pensando che avrebbe potuto spezzarlo con poco sforzo, come un ramo secco o un fuscello sottile. Poi i suoi occhi incontrarono la luce della luna che accrebbe ancora il suo vigore e accelerò la sua metamorfosi.
L'impulso di sbranarlo era potente, atavico, inesplicabile. Gli ringhiò allo spazio di un naso dal naso, digrignando i denti e leccandosi le labbra con bava di famelica ferocia.
Ululò per l'ultima volta verso la luna, poi lo superò d'un balzo, ignorandolo per commiserazione.
Infranse il cristallo della finestra e si schiantò nel buio.


11 commenti:

Cuore asSOLato ha detto...

Ecco qui il primo scoglio... un racconto di difficilissima esegesi, ma talmente suggestivo e potente nello stile narrativo da suggerire invero una lettura in-cosciente, istintiva, immediata: un 'brano' da 'sbranare' tutto d'un fiato, come fossimo lettori 'mannari'. Il topos della metamorfosi attraversa tutta la letteratura, da Ovidio ad Apuleio, da Stevenson a Kakfa, da Collodi a Bulgakov. La nostra Autrice però reinterpreta questo tema in un contesto sessuale: e la sessualità stessa è allusione al più ampio concetto di amore fra uomo e donna,.. o addirittura di relazione profonda fra individuo e individuo. Lo stile narrativo è questa volta molto serrato e, attimo dopo attimo, ci descrive in modo dettagliato ogni singola fase della trasformazione, azione che sembra svolgersi in pochissimo tempo. La descrizione è surreale, rectius, "surrealista" (altro filone artistico cui è molto caro il tema della metamorfosi). E la volontà della Scrittrice di sfociare nel grottesco è esplicita. Quasi è possibile scorgere una velata ironia sorniona: l'uomo che "la incula" e proferisce "parole oscene", improvvisamente diventa un esserino ridicolo, patetico nella sua incapacità di prendere cognizione di quello che si sta consumando davanti a lui. Non può comprendere questa forza primigenia e belluina, che l'Autrice sembra quasi sovrapporre al femminino, forse con un'allusione all'ancestrale potere sessuale femminile: archetipo che ha sempre spaventato l'uomo (che, infatti, nelle società patriarcali, "demonizza" la sensualità femminile, ingabbiando l'animale "donna" nell'angusta prigione della castità e del pudore). Ma l'Autrice non si propone di farci una lezione di antropologia: ella sembra volerci introdurre in una coscienza più intima, più profonda, più individuale... la coscienza di una donna 'mannara'... forse la sua coscienza? La 'licantropa' è inizialmente impaurita ma sembra attingere dal piacere sessuale stesso una chiave per risvegliare il suo istinto sopito, il suo sangue ferino nascosto sotto la cenere: ma mai spento. E' un richiamo della foresta che risponde, forse, a un'esigenza di liberazione dalle proprie paure. La donna, che per sentirsi amata si fa 'scopare', si ribalta nella furia predace che divora l'uomo divenuto miserabile ed 'ebete' balocco per artigli: la vittima vuole vedersi carnefice..? (forse un meccanismo di difesa affatto conosciuto nella psicanalisi femmnile? O ancora la sublimazione liberatoria di un senso di colpa, di una cattiva coscienza, di una verità incoffessabile?). Tralasciando gli psicologismi, sempre pericolosi e riduttivi nella critica dell'arte, il racconto è meravigliosamente riuscito. Si faccia caso al carattere di estemporaneità della narrazione (caratteristica tipica della nostra Autrice): l'inizio improvviso, che sembra voler fingere la continuazione di un brano già cominciato; la velocissima successione di eventi che quasi si sovrappongono (tutto sembra accadere 'nel mentre'); il finale spettacolare, con quel sublime "e si schiantò nel buio". Da urlo. Anzi, da ululo! (N.d.R.: taluna critica ha voluto ricollegare il racconto alla sua contemporaneità con "She wolf" della esuberante cantante 'leggera' Shakira, vedendovi un rovesciamento tematico: dalla sensualità alla mostruosità. Ma la tesi non convince e pare persino poco rispettosa. Altra critica ancora ha voluto insinuare un inconfessabile irsutismo dell'Autrice. Posso smentire con risolutezza: ho conosciuto l'Autrice personalmente ad alcuni convegni tenuti in suo onore e posso assicurarvi che è di rara bellezza e grazia). ;-)

Anonimo ha detto...

l'opzione "disabilita commenti" potrebbe essere un'alternativa validissima :-)

El Mauro

Anonimo ha detto...

p.s. Complimenti per il nuovo Blog ;-)

El Mauro

enantiodromica ha detto...

Grazie tressòr!
bacio bacio :)
(e non essere cattivo con gli altri bambini, non è mica da tutti avere simili recensioni!)

Cuore asSOLato ha detto...

Ah Ma', ma una forchettatina di cazzi tuoi no?! :-) (N.d.R.: la critica di gran lunga prevalente, quasi unanime, pensa che El Mauro non dovrebbe interferire con lo sviluppo dell'interpretazione letteraria delle esordienti...).

Cri ha detto...

Ma un abbinamento di colori che non mi faccia pensare di esser diventata daltonica no? ti adoro comunque, vieni in NJ prima che io torni in Europa? Dai dai dai!!!

enantiodromica ha detto...

hehehehe ... sennò che enantioatomica sarei :) :) :)
io vengo, sì sì che vengo!

Anonimo ha detto...

qualcuno ha recensito, qualcuno sorriso, un'altra ha strizzato gli occhi. io prendo atto, commetto atti, divido in atti e mi atteggio ad amico della scrittrice, salutandola con frase epifanica: quanno se lo pijamo er caffè insieme? ciaps

enantiodromica ha detto...

ahahahah! allora anch'io mi atteggio ad amica dello scrittore.
direi presto, molto presto.
tipo, appena torni.
baciuz

Anonimo ha detto...

La vera delizia di questo racconto sono i voli pindarici di Cuoreassolato nel cercare di dare spessore ad un racconto così banale e privo di stile e contenuto.

Cuore asSOLato ha detto...

Il volo pindarico te lo farei fare io dalla finestra, coraggiosissimo "Anonimo"...