mercoledì 6 ottobre 2010

OH NO ONO LIVE IN ROME @ MADS





E' difficile inquadrare queste strane creature fulvo-(s)capigliate, provenienti dalla Danimarca e sbarcate, ieri sera, al Mads di Roma.
Malthe Fischer, il cantante principale della band, esordisce sul palco, in un solo di voce e chitarra, come uno stralunato folletto del Nord con la voce di Topo Gigio, in un brano intitolato Sunshine and rain at once, tratto dal primo album, Yes. L'unico pezzo lento e ammaliante.
Poi si aggiungono l'altro cantante/bassista/tastierista/sampleratore Nis Svoldgard, il terzo cantante/chitarrista anch'egli sampleratore Aske Zidore e l'ottimo batterista Kristoffer Rom, occhialetto da nerd e click in cuffia.
Attaccano con Helplessly young, tratto da Eggs, l'ultimo album che stanno promuovendo e licenziato dalla Leaf, pezzo dalle reminiscenze Cure-iane in cui Malthe, stranamente, continua a sembrarmi un Tom Waits un paio di ottave sopra, giovane, poco ubriaco e senza voce roca.
Poi arriva Ba ba baba ba ba well anyway, sempre dal primo disco, in cui sembrano dei vaghi Beach Boys macchiati di punk elettronico.
Punk è l'attitudine con cui suonano: tanta energia, buona amalgama e non troppa tecnica. Arrivano altri tre pezzi da Eggs: Eleanor speaks, Internet warrior e Icicles in cui sembrano dei vigorosi Beatles ubriachi e dei Supertramp post litteram. 
Poi si torna a una canzone tratta da Yes, Am I right? in cui sembrano dei Sigur Ros invasati dai Ramones, si procede con The wave ballet, che apre con uno shoe-gaze alla My Bloody Valentine contaminato di cantati pop, la bellezza sconvolgente di The tea party, l'energia pura di Keeping warm in a cold country(Yes), l'electro-funk-punk, disco-malata e post-moderna di Practical money skills for life (Yes), il rock&roll puro venato di new-wave con una cantilena dei Fiordi di Miss Miss Moss, e, infine, Fat Simon says con degli insoliti e difficili cambi di ritmo, tratto dal primo EP. 
Applausi, tanti, di una compagine sparuta, in un mondo che, purtroppo, produce troppo e apprezza poco. 
I nostri tornano per il bis: una splendida cover di Tomorrow never knows dei Beatles, con guest del tour-promoter che sale sul palco e imbraccia la chitarra, unendosi ai suoi protetti. Gli Oh No Ono rendono onore a questo pezzo come pochi altri: attaccano con ritmi tribal- indianeggianti e, poi, diventano sempre più potenti, energici, esplosivi, estenuanti. Un finale come dovrebbero essere tutti i finali: memorabile. 
Come sorpresa ultima, al banco CD, spille, gadgets e magliette, i prezzi sono più che politici: a discrezione dei clienti! 
Mi porto a casa due magliettine dall'estetica curata e avant-garde, pensando che, come al solito, dal Nord Europa abbiamo solo da imparare.



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