lunedì 30 agosto 2010

IL SINDACO

Album "5 shoots" by kinetikrick on flickr

























Finalmente il grande giorno era arrivato.
Tutti i preparativi erano stati ultimati: la data fissata, gli invitati invitati, i cuochi allertati, i posti a tavola designati, i vestiti indossati, il parrucchiere e il truccatore congedati, e gli addobbi floreali, nella Chiesa, sistemati.
La moglie del Sindaco si avvicinò alla finestra e scrutò, con preoccupazione, la neve che in una sola, improvvisa notte, aveva appesantito i rami degli alberi.
Poi abbassò lo sguardo verso i suoi piedi e fece schioccare, con i talloni nudi, i tacchi del suo paio di decolleté, praticamente estivi.
Era il momento di andare.
Il sindaco entrò e la chiamò appena con un lieve cenno del capo e un nervoso sorriso timido, abbozzato sotto al sigaro.
Lei spense la sigaretta con trascuratezza e si incamminarono.
I vestiti erano stati indossati, sì. Inappropriati, però.
Chi avrebbe mai previsto, per un matrimonio da celebrarsi il 23 di Aprile, una nevicata e una temperatura come quelle?
Nessuno.
Tutti gli invitati invitati avevano acquistato completi leggeri, cravatte colorate, vestiti di seta e chiffon con motivi floreali, sandali con stringhe e scarpe chanel di raso delicato.
Persino i cuochi allertati avevano previsto, nel menù di nozze, Insalate di Boccioli di Rosa e Trionfi di Gamberi alla Primavera del Botticelli.
Alcune macchine slittarono sui sanpietrini del borgo antico, poiché sprovviste di catene.
I convenuti si affrettavano alla cerimonia sotto ombrelli di fortuna, intirizziti nei loro abiti leggeri.
All'interno della Chiesa, tutti, le coppie giovani e quelle datate, i padri con le figlie, le nonne con i nipoti, le cugine adolescenti, le damigelle d'onore con i chierichetti e persino i testimoni degli sposi, sembravano stranamente commossi.
In realtà si abbracciavano per riscaldarsi dal freddo.
Alla fine della celebrazione, quando il prete congedò gli astanti, questi si riversarono rapidi verso le macchine, in cerca di riparo, come uno sciame di farfalle colorate, còlte, per caso e per sbaglio, dal primo giorno di novembre.
La moglie del Sindaco, scendendo i gradini del sagrato, slittò con un tacco sottile sulla poltiglia di nevischio acquoso.
Quasi cadde e apostrofò il buon Dio con un sacramento inopportuno, riversando nell'occasione tutta la frustrazione e le aspettative disattese.
Il Sindaco sorrise.
"Non ti innervosire, tesoro" disse lui. E le strinse il braccio avvicinandola al suo fianco.
La moglie del Sindaco pensò quanto fosse fortunata ad aver trovato un uomo in grado di placare ogni suo bisogno.
Il Sindaco pensò quanto fosse fortunato ad aver trovato una donna in grado di tenerlo sempre sulle spine.
La figlia del Sindaco e della moglie del Sindaco pensò che, porca puttana, per il giorno del suo matrimonio avrebbe proprio desiderato un bel clima dolce di primavera piuttosto che un dispettoso inverno tardivo, però che, se i suoi genitori ancora si amavano, tutto poteva essere possibile.
In quel momento un raggio di sole squarciò il grigio plumbeo delle nuvole, fra le cime delle montagne, e la neve smise di cadere.
La figlia del Sindaco si voltò e sorrise splendidamente e una tempesta tintinnante di bianchi chicchi di riso picchiettò la sua felicità.



martedì 24 agosto 2010

...

http://leomacs.blogspot.com/



















Cosa ne farò
di questa mia carne
arida di contatto,
di questa mia pelle avida di calore,
di questo mio corpo orfano d'amore,
giovane ancora un po' e ancora per poco,
di questo mio corpo da
baciare, toccare, accarezzare,
leccare, succhiare, mangiare,
stringere, coccolare, abusare,
graffiare, saziare, stremare,
consumare, saccheggiare e consolare,
di questo mio corpo da scambiare
con la solitudine e la paura di morire?