mercoledì 22 settembre 2010

MICE PARADE - WHAT IT MEANS TO BE LEFT-HANDED



Torna Mice Parade - La Parata dei Topi, anagrammati, come sempre, da Adam Pierce e da lui sapientemente coordinati e agghindati per la settima "sfilata" allestita in cooperazione con la britannica FatCat Rec: What it means to be left-handed.
Il nuovo album del percussionista newyorkese esce a tre anni dal sesto lavoro e trabocca di stili apparentemente inconciliabili, etnie a confronto, influenze convergenti e collaborazioni rilevanti. 
Si passa dai ritmi e suoni di derivazione afro-mbaqanghese e swahili, alle eteree vocine e atmosfere rarefatte dell'Islanda, alle schitarrate energiche del classico indie-rock anni '90 con punte di shoe-gaze, ad alcuni accenni di indie-tronica e una strizzatina d'occhio all'indie-folk-pop appena macchiato di tristezze e sapori brazileiri.
Inizialmente, l'album può risultare irritante se, come me, già alla terza battuta di sonorità africane, venite còlti da una pruriginosa orticaria e sembrare, come a detta di alcuni critici, più una raccolta di bei singoli che non un'opera uniformata e coesa.
Invece, via via che si avvicendano gli ascolti, ciò che ne emerge è una brillante maestria nel saper fondere stili tanto diversi e una briosa originalità condita di sensibilità e buon gusto.
What it means to be left-handed affida la ritmica all'eterno collaboratore Doug Scharin (già Codeine, Rex, June Of 44 e HiM), sostituisce la voce elfo-islandese di Kristin dei Múm con quelle di Caroline Lufkin e Meredith Godreau, si avvale del suonatore di kora senegalese Abdou M’Boup e della cantante swahili Somi - per ciò che riguarda le sonorità africane - si arricchisce delle suggestioni jazzy-J-pop dei giapponesi Clammbon e vede lo stesso Pierce impegnato, oltreché alle percussioni, in cantati di alcuna Beck-iana e Sam Prekop-iana memoria.
In più, conta due azzecatissime cover: Mallo cup dei Lemonheads, in omaggio al punk-alternative-rock, e Mary Anne di Tom Brosseau, come a voler concludere tanta costante e variegata bellezza, in un conciliante ossequio al folk cantautoriale.






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